
Alla moda serviva un altro direttore creativo uomo? Non è la competenza di Jones a essere in discussione, ma le promesse di diversity fatte da LVMH
Mercoledì scorso, Fendi ha annunciato ufficialmente che Kim Jones assumerà il ruolo di direttore artistico per le collezioni di womenswear, haute couture e pellicce della maison - un importante cambiamento all'interno del proprio management. Ciò significa che Kim Jones, che è anche il direttore artistico di Dior Homme, deterrà ruoli di primo piano sia in Dior e che in Fendi, mentre Silvia Venturini Fendi, che era la direttrice artistica ad interim del brand, tornerà al suo ruolo originario di menswear designer e accessories designer.
Sebbene questa sia una notizia molto importante per Fendi e il gruppo LVMH, è difficile non domandarsi se l'industria della moda avesse davvero bisogno di un altro creative director uomo, dato che è già sostanzialmente dominata da sole figure maschili: Nicholas Ghesquiere e Virgil Abloh disegnano Louis Vuitton, Demna Gvasalia dirige Balenciaga, Anthony Vaccarello è designer di Saint Laurent così come Alessandro Michele lo è di Gucci, Riccardo Tisci di Burberry e Hedi Slimane di Celine.
Secondo Business of Fashion, le donne rappresentano oltre il 70% della forza lavoro totale dell'industria, ma occupano meno del 25% delle posizioni di leadership nelle principali aziende di moda. Mentre si elencano questi dati, bisogna anche chiarire che a essere messo in discussione qui non è Kim Jones nè il suo lavoro, ma piuttosto il gruppo LVMH, che possiede Dior e Fendi, e sulle scelte compiute dal loro board che, stando alle loro stesse dichiarazioni, dovrebbe impegnarsi di più sul fronte della diversity nella propria azienda. Non c'è dubbio che Kim Jones sia un creativo brillante che avrà di certo successo nello svolgimento del proprio incarico in entrambi i brand: ciò che è discutibile è la decisione del conglomerato di sostituire una competente designer donna con un uomo che, fra le altre cose, aveva già un proprio ruolo e di non secondaria importanza.
Anche nel caso in cui fosse stata Silvia Venturini Fendi a decidere di dimettersi, sarebbe stato molto più interessante se LVMH avesse nominato l'ex-creative director di Celine Phoebe Philo o un'altra donna, considerata la loro promessa di diversificare il management delle proprie aziende. Nominare un direttore creativo di un luxury brand è come nominare un presidente o un vicepresidente e al giorno d'oggi, ci si aspetterebbe che opportunità di questo tipo siano aperte a tutti i tipi di persone, e anche se l'idea di vedere una collezione di Fendi disegnata da Jones entusiasma molti, sarebbe stato meglio se LVMH avesse osato di più con la propria scelta.