
Kim Kardashian West è stata accusata di razzismo per le sue mascherine Il confine tra fashion e beni di prima necessità è sempre più labile
Seguendo più o meno l'esempio di tantissimi brand che hanno convertito i propri stabilimenti alla produzione di materiale sanitario per l'emergenza COVID-19, da pochi giorni anche Kim Kardashian West ha lanciato una collezione di mascherine: parte della collezione del suo brand di shapewear Skims, non si tratta però di dispositivi medici, ma di una serie di mascherine non sanitarie prodotte in cinque tonalità e andate sold out in meno di 30 minuti. Il brand ha inoltre annunciato che ne avrebbe donate 10.000 a diverse associazioni benefiche di Los Angeles.
Ancora più velocemente di quanto sono andate sold out, sul brand si è scatenato un fiume di critiche, principalmente dai social media, che hanno accusato le mascherine di razzismo. Stando a quanto hanno fatto notare alcuni utenti, infatti, una delle mascherine non era della giusta sfumatura di colore per essere indossata da una modella nera. La produzione ha subito corretto il tiro, modificando la gradazione di colore e ri-pubblicando la versione aggiornata (con tanto di nuova modella) sul sito ufficiale.
In breve, il popolo del web non si è smentito e ha accusato le mascherine di Kim Kardashian West praticamente di tutto. Non è la prima volta, tra l'altro, che Skims deve difendersi dalle accuse di razzismo: lanciato nel 2019 con il nome "Kimono", il brand di Mrs West fu già accusato di appropriazione "indebita" della cultura giapponese, con tanto di lettera aperta del sindaco di Kyoto Daisaku Kadokawa che aveva richiesto la sostituzione del nome. Anche a fronte di una pandemia globale, è confortante sapere che al primo posto nella lista delle priorità c'è sempre un vecchio, sano gusto per la polemica.