Come si sanificano i vestiti nei negozi? I problemi e i rischi che corrono i retailer

Ora che la riapertura sta gradualmente cominciando, sarà necessario imparare a convivere con il virus implementando nuove norme sanitarie che riducano al minimo il rischio di contagio nei luoghi pubblici. Ciò che le nuove norme prevedono, declinato a seconda dei vari contesti, è in sostanza una continua sanificazione di ambienti e superfici che vanno ad aggiungersi alla regola degli ingressi contigentati e del distanziamento sociale. In particolare per i negozi di abbigliamento si presentano numerose criticità in quanto abiti esposti e camerini possono diventare un pericoloso veicolo per i contagi e le tecniche di sanificazione sono più difficili da applicare che altrove. L’impiego di disinfettanti chimici o a base alcolica è escluso in quanto rovinerebbe gli abiti e richiederebbe tempi lunghissimi per i camerini. Due alternative esistono, ma non sono meno problematiche delle altre: l’ozono e i raggi UV.

Entrambe le soluzioni sono potenzialmente efficaci, ma richiedono comunque attrezzature e procedimenti costosi per i negozianti, specialmente i più piccoli, che si sono dunque trovati in difficoltà. Per quanto riguarda l’ozono nello specifico, poi, il Ministero della Salute sottolinea come non sia esattamente un disinfettante (più che uccidere i virus li “disattiva” temporaneamente) e deve essere sottoposto a prove di efficacia e di sicurezza contro potenziali effetti collaterali da scorretto uso o concentrazione inappropriata. Entrambe le tecniche poi, sia l’ozono che i raggi UV, richiedono l’uso di personale appositamente formato e adeguatamente protetto – rendendone ancora più complicata e costosa l’implementazione quotidiana. Resta da vedere, dunque, quale metodo si affermerà di più e permetterà ai tanti retailer in crisi in Italia di riaprire la propria attività.