Brandalismo: moda & vandalismo Guerrilla art, trend fashion e ironia social

Rivisitare l’heritage, con ironia, leggerezza, ma senza mai rinunciare alla coolness. È iniziata una nuova era da Burberry che, sotto la direzione artistica di Riccardo Tisci, si sta aprendo alla contemporaneità, alla strada, ai millenials, rielaborandosi e svecchiandosi, con l’aiuto di Peter Saville. Come l’iconico logo che diventa un pattern color bianco rosso e miele con T e B intrecciate, iniziali di Thomas Burberry, fondatore del marchio, o come il classico check che, in zaini, cinture, camicie e capospalla della collezione FW18, viene rivitalizzato da un’accattivante grafica stile writer. Sperimentazione. Contaminazione. Ribellione. La moda è anche questo, uno scambio continuo tra arte, società, politica, vita, un misto di ingredienti che ogni marchio mixa ad hoc per raggiungere fette di mercato sempre maggiori. Niente è più sacro, intoccabile e, così, anche i giganti del lusso coi loro codici statici possono venire sovvertiti, fortemente influenzati, secondo quanto dichiara il professore londinese Jonathan Wilson, da un’idea di autenticità legata al fenomeno culturale hip-hop, che si basa sul mantenersi veri, attuali, spavaldi, socialmente critici, competitivi ancorando la cultura “istituzionale” alla strada. Così, ad esempio, Gucci si trasforma in “Guccy” per la SS18, la vetrina vandalizzata della boutique newyorkese di Tiffany è protagonista dell’adv SS18 o lo stile paparazzi di Balenciaga e Yeezy si candida a trend dell’anno per le campagne pubblicitarie.