
Intervista a Danilo Paura Insaziabile ricercatore e amante dell'arte, il designer italiano ci racconta la sua passione per il Made in Italy e non solo
Danilo Paura. Direttore creativo e titolare insieme a Cristian Mignaniello, Marco Paura ed Enrico Giacomelli di tre marchi streetwear: Paura, Danilo Paura e Mirror.
Insaziabile ricercatore e amante dell'arte, il focus sulla qualità e l'unicità sartoriale delle sue creazioni sono solo alcuni dei suoi elementi distintivi così come quel cognome, così risonante, di cui ha fatto, nel tempo, la sua forza. Dopo gli studi di Costume e Moda a Rimini, viene adottato dalla città di Riccione dove inizia non solo la sua gavetta nel mondo della moda ma dove inizia anche a sperimentare e mettere in mostra il suo talento sul campo. Se gli chiedamo cosa dobbiamo sapere su di lui? La risposta è un umile tributo a chi, prima di tutti, ha creduto in lui: Massimo Novelli.
Venite a conoscere con noi Danilo Paura e il suo amore unico e folle per l'Italia e il Made in Italy. Uno dei nomi più interessanti della scena streetwear italiana e non solo; un nome che, se ancora non conoscete, conoscerete bene molto presto.
#1 Raccontaci di quando hai capito di voler lavorare nel mondo della moda. Come è nata questa passione?
Sono sempre stato attratto da tutto ciò che trattiene lo sguardo, tutto ciò che stupisce, tutto ciò che fa riflettere. Se si riesce a rubare anche solo un attimo e se questo poi faccia anche riflettere, allora si può dire di aver contribuito a far diventare quel momento un momento interessante. Esiste arte dove c’è voglia di comunicare, di condividere. Sin da quando ero bambino ho sempre sentito l’esigenza di fare qualcosa che mi portasse al di fuori del contesto in cui mi trovavo e ho spesso usato il mio corpo per comunicare disapprovazione nei confronti di quelli che sono gli stereotipi bigotti a cui spesso siamo costretti a sottostare. Dicevo no tingendomi di vermiglio dei capelli nerissimi; dicevo di no con piercing e tatuaggi. Non ho mai fatto decidere a mia mamma come dovevo vestire ho sempre preteso di vestirmi come volevo. Vestirsi è comunicare la propria personalità.
Ero piccolo ma già sapevo che da grande avrei fatto qualcosa che avesse avuto a che fare con questo concetto.
#2 Il tuo è un cognome di forte impatto, cosa ti ha spinto a tenerlo anche per i nomi dei tuoi brand?
La storia del mio cognome è fatta di tanto odio e di rispettivo amore.
Ho odiato con tutto me stesso un cognome che ha creato non pochi attriti - sopratutto in età adolescenziale - e tante volte, arrabbiatissimo, andavo da mamma e papà supplicandoli di cambiarmi cognome, tutto ma non Paura. All’università cambiò tutto; i ragazzi usavano il mio cognome come un soprannome, un segno identificativo, ed oggi rappresenta un mio punto di forza: una debolezza che diventa un’arma a mio favore. Una sfida vinta.
Jacopo Pozzati (co-fondatore insieme a Cristian), si impose e scelse di chiamare così il brand in questo modo, ne fu convinto sin dall’inizio. Cercavamo un nome da dare al marchio e, dopo mille nomi assurdi, ci guardò e disse:
'Ce lo abbiamo in casa. PAURA'.
#8 Secondo te, quanto sono importanti i social network per la comunicazione e il buon funzionamento di un brand oggi?
L’utilizzo appropriato dei social è l’arma migliore per comunicare e far conoscere il proprio business. Il modo più democratico e sincero per dire al mondo chi siamo, cosa facciamo .
#9 Quando hai lanciato il tuo primo brand quale pensavi sarebbe stato il risultato?
Non penso mai ad un punto d’arrivo, mi soffermo a migliorare giorno dopo giorno. Penso a chi indossa i nostri capi, a persone che in momenti importanti della loro vita indossano i nostri capi.
Questo mi fa vivere il mio lavoro con la serenità e la voglia di andare avanti.
#10 Cosa dobbiamo aspettarci da Danilo Paura in questo 2018?
Obbiettivi nel 2018: diventare più internazionale senza trascurare la nostra presenza in Italia, un’espansione graduale verso l'estero.
Al Pitti presenteremo due nuovi progetti uno con LC23 ed uno con Raparo, entrambi italianissimi. Con Leo (ndr. Leo Colacicco, fouder di LC23) ho un rapporto che va oltre il lavoro , è un giapponese nato a Gioia del Colle, l’amore per il suo lavoro e la dedizione con cui lo porta avanti ci accomuna e ci lega. Realizzeremo un progetto a quattro mani, un capo iconico del suo brand con dettagli in maglieria che invece caratterizzano il mio ma non voglio dire altro. Raparo è invece un marchio di scarpe Marchigiano, una famiglia stupenda. Vedere il nonno con il martello in mano, i due fratelli in filiera, la mamma con il grembiule che lavora con dedizione e Marco, giovanissimo ma con le idee chiarissime sul futuro dell’azienda di famiglia: un’atmosfera unica.
È stato stimolante e costruttivo.