
Bambini imbronciati e controcultura: chi è Yoshitomo Nara Il Maestro giapponese amato dalla Gen Z protagonista di una capsule collection con Stella McCartney
In un mare di brand che lanciano quotidianamente partnership, collaborazioni, capsule collection, seconde linee ed edizioni limitate spesso facilmente dimenticabili, sorge spontaneo chiedersi quale sia il senso di progetti destinati a macerare in qualche magazzino e restare invenduti. Talvolta invece qualche rara eccezione ci fa ricordare che fomo di drop a parte, i progetti sensati esistono e meritano tutto il successo che raccolgono. Nel caso di Stella McCartney sono bastati i i suggestivi dipinti di Yoshimoto Nara declinati in una capsule collection unisex ed eco-frinedly presentata per la prima volta nel 2022 e rinnovata per la SS23, a mandare sold out gli item della designer per la prima volta dopo tanto tempo. L’attivismo, l’amore per la natura e i capi essenziali della stilista britannica hanno assunto nuova luce grazie ai ritratti al contempo cartooneschi ed inquietanti del maestro della pop art giapponese, in un sodalizio sorprendentemente efficace nell’incarnare le turbe giovanili della Generazione Z.
Classe 1959, Nara è cresciuto nella città rurale di Aomori, nota per le sue abbondanti nevicate e gli inverni bui, trovando conforto nel parlare con gli animali, nei programmi televisivi americani, nei fumetti giapponesi. Sviluppa presto una passione per la musica, dal pop americano al punk degli anni Sessanta, che lo porterà ad interiorizzare nella sua arte il sentimento anti-establishment del rock occidentale dell'epoca. A 28 anni si reca in Germania per studiare alla Kunstakademie Düsseldorf sotto la guida di A. R. Penck, neo-espressionista noto per le sue astrazioni che riflettono il dopoguerra tedesco. Si sposta poi a Colonia e ancora a Londra, incapace di stabilirsi in una capitale artistica dove sconfiggere il senso isolamento che lo accompagna sin dall'infanzia, manifestata in pittura da sfondi piatti e neutri. La svolta arriva nel 1995 con la personale organizzata dalla galleria SCAI the Bathhouse di Tokyo: da allora la critica ha fatto paragoni tra i personaggi di Nara e il kawaii giapponese o il twee pop americano, rimarcando l’abilità dell’artista nel tradurre i sentimenti di alienazione degli adulti nel mondo interiore dei bambini.
All'inizio, i bambini kawaii di Nara sembrano benevoli, ma la loro innocenza è illusoria: brandiscono crocifissi, torce infuocate, coltelli, appaiono angosciati, alcuni hanno lunghe zanne, altri nascondono sigarette accese dietro la schiena. La critica Sianne Ngai ha considerato Fountain of Life (2001), scultura composta da sette bambole smembrate con le teste impilate l'una sull'altra in una tazza da tè sovradimensionata, come un ottimo esempio della corrente violenta che anima il lavoro di Nara. Il soggetto più rappresentato dall'artista è una giovane ragazza sofferente, che ha attirato l'attenzione del pubblico mondiale in un'escalation intimidatoria e che in Midnight Truth (2017), forse il quadro più iconico dell'artista, si staglia su uno sfondo marrone neutro e fissa lo spettatore con occhi vitrei e labbra serrate. Oggi i critici attribuiscono il culto di Nara al modo in cui cattura un senso universale di angoscia e nostalgia, senza mai lasciarsi fermare dal divario culturale o generazionale, dal mezzo artistico o di consumo.