Le mega-collaborazioni di moda faranno tornare la logomania? Fendace è solo l’inizio

Ieri alla Milano Fashion Week abbiamo assistito a un esperimento di come non se ne vedono ogni anno: la fusione/designer swap tra Versace e Fendi. Il principale veicolo di questo dialogo è stato il logo, o meglio i due loghi, nella cui fusione si è risolta la maggior parte di questa collaborazione o swap. Il logo è stato anche il principale e più esplicito veicolo tramite cui l’hacking fra Gucci e Balenciaga di qualche mese fa si è espresso – facendo pensare tanto all’inizio di un prossimo aumento di queste mega-collaborazioni tra i titani dell’industria quanto a un ritorno della logomania che si pensava ormai svanita insieme all’ondata streetwear vista negli ultimi anni. Questo legame con lo streetwear ha un ruolo importante perché esiste una grande differenza fra le collaborazioni luxe-streetwear del passato dalle recenti mega-collaborazioni tra brand di moda. Tanto che, nel corso del lockdown, si era sviluppato un trend dei basics, del lusso minimale sulla falsariga del Celine di Phoebe Philo, con brand come The Row, Bottega Veneta, Peter Do, che, a lockdown finito, ha visto l'ascesa della revenge fashion che vuole rifarsi dell’anno passato in pigiama con look audaci, vistosi e, in ultima analisi, edonisti.

Tanto “Fendace” che “Gucciaga”, come anche le altre mega-collaborazioni che vedremo in futuro, ricadono infine nel macro-trend del dopamine dressing spiegato sulle pagine di GQ dalla psicologa e autrice Dawnn Karen come «la scelta di abiti che facciano sentire felici, risollevino lo spirito e facciano sentire migliori, più forti, più potenti». Un tipo di sensazione che, pur possedendo i suoi aspetti soggettivi, non può che non essere affidata ai simboli e significanti più immediati e visibili della moda, i loghi, ma anche ai colori accesi, ai design provocanti e sensuali e a un generale edonismo visivo di cui Fendace, ieri, è stato una delle più potenti e rilevanti espressioni.