
Editorial
Uno staple della cultura paninara erano senza dubbio i fumetti, strumenti fondamentali per creare una coscienza nazionale del fenomeno. L’output editoriale, a cura di case editrici quali Edifumetto, Look Boys SRL e Davide Rossi, si concentra soprattutto a partire dal 1986, all’apice del fenomeno paninaro, collocandosi dunque tra il suo momento di massima contaminazione pop e l’inizio del suo declino.
Ad aprire le danze nel mese di gennaio 1986 è Paninaro, testata a cura dell’editore Davide Rossi, che attraverso 48 numeri raggiunge la tiratura record di 7 miliardi di copie. Sull’onda del fenomeno seguono gli altrettanto iconici Wild Boys e Cucador (Garden Editoriale SRL) con la sua costola editoriale Saremo Tutti Yuppies - Rivista Post-Galla, ma anche i minori Zippo Panino, e Sfitty, dedicata a un target femminile. A fare da fil rouge tra tutte queste testate mensili (o bi-settimanali nel caso di Wild Boys) è un’iconografia potente e d’impatto, fatta di grafiche sgargianti, fumetti, reportage fotografici e rubriche che variano dalla moda (“Pan look”) alla posta, dalla musica all’oroscopo, dallo “Scoop” (“Come svaligiare una banca con il tuo computer”) alle rubriche di bellezza (“Come abbronzarsi con la carota”). Il tutto accompagnato da un malizioso edonismo di stampo decisamente maschilista, proprio della cultura dominante degli anni ‘80, fatto di “Sfitinziometro” (un sistema di voti con cui premiare le migliori sfitinzie), “La Sfitinzia del Mese”, “Sei Arrapation?”, e “La Foto Galla” da inviarsi rigorosamente “in fase di tacchinaggio”.
I fumetti erano strumenti fondamentali per creare una coscienza nazionale del fenomeno.
Se i reportage fotografici erano interessanti per conoscere le sfumature estetiche delle diverse ‘company’ paninare in varie parti dello Stivale, i fumetti erano indubbiamente la parte che offriva il più ricco compendio del vocabolario paninaro, non senza costanti riferimenti alla cultura pop del tempo. Tratti che rendono le tavole tuttora interessanti in chiave storica. Impossibile, infatti, non citare titoli come “I falsari delle Timberland”, “I Pirati del Charro”, o la demenziale serie del “Cavalier Berlusca”, a cura delle matite di Wild Boys Tullio Brunone e Daniele Fagarazzi, che mette in luce come l’avvento del Berlusconi imprenditore televisivo avesse inciso sul lifestyle della Milano da Bere. Creatori di un mito iconografico capace di attraversare i confini regionali, i fumetti davano vita a vere e proprie leggende metropolitane e guru della scena, andando a ribattezzare i protagonisti delle vignette con i nomi dei primissimi paninari milanesi - come Palermo e Armiere - che, spesso, avevano già preso le loro distanze dal movimento.
Indubbiamente, sia per via della distribuzione nel circuito delle edicole che per il tipo di linea editoriale e grafica, si nota come queste testate fossero destinate a un pubblico tutt’altro che sottoculturale e fatto soprattutto di giovanissimi che si erano legati alla moda paninara ad anni di distanza dalla sua nascita. Ciò è comprensibile anche attraverso diversi adesivi e figurine (spesso ad opera della Edifumetto) che impiegavano grafiche dai toni anche infantili, come dei tenerissimi hamburger antropomorfi o la raccolta di sticker de I Bambinari.
Gli sticker, però, sapevano essere un efficace compendio grafico dell’estetica paninara, contribuendo a creare una coscienza ed un’identità collettiva all’interno della scena. Su tutti, si ricorda Panoz, figura con piumino arancio, taglio a spazzola e gigantesche Timberland rimasta negli anni una delle principali icone paninare. Lontano dall’amatorialità delle fanzine, queste testate patinate e la loro memorabilia sembravano infatti pensate per un pubblico che, imboccato di informazioni, sembrava necessitare di linee guida precise su cosa consumare, ascoltare ed indossare.