
Perché il coronavirus viene rappresentato con questa immagine? Tutti i modi in cui grafica e scienza ci hanno fatto vedere ciò che è invisibile
Durante l’intero corso della quarantena, media e telegiornali hanno rappresentato il coronavirus con un’immagine ormai famosa: un globo grigio, punteggiato di giallo con minacciose punte ritorte e rosse. Ma quest’immagine, anche se forse è la più rappresentativa del Covid-19, non è la più vicina alla realtà. Si tratta infatti di un rendering grafico creato da Alissa Eckert e Dan Higgins, due illustratori del Center for Disease Control o CDC – il principale organo di controllo della sanità pubblica degli Stati Uniti. Ovviamente quest’immagine ormai iconica non è frutto della fantasia: i due illustratori l’hanno generata a partire dalle rappresentazioni grafiche delle proteine racchiuse nel RCSB Protein Data Bank, un database ad accesso libero che raccoglie i rendering grafici delle diverse strutture proteiche. Una volta raccolte le strutture delle tre componenti base del virus (membrana, involucro e virioni, che sarebbero le “punte” rosse)il programma Autodesk 3ds Max ha fatto il resto. Ma i colori con il quale rappresentiamo il virus, il suo aspetto grigiastro e ruvido che ricorda una pietra o il minaccioso rosso dei virioni, sono frutto dell’intuito di Eckert e Higgins.
Uscendo dal mondo della medicina e degli istituti di ricerca scientifica, le rappresentazioni più quotidiane che la popolazione generale si fa del virus si muovono attraverso le emoji. Secondo un report di Emojipedia sulle emoji più utilizzate di Twitter, si nota un fortissimo aumento di quella chiamata “Microbe” per parlare di coronavirus. Si tratta anche in questo caso di una rappresentazione non del tutto corretta – è appunto un microbo e non un virus – anche se la versione iOS dell’emoji è una buona approssimazione all’effettivo aspetto del virus. Ma dopo tutto, i social media e WhatsApp privati non sono certo canali di informazione scientifica né andrebbero ritenuti tali anche se ciascuna condivisione, ciascuna immagine rafforza l’identità che attribuiamo al virus nella nostra mente e diminuisce la nostra ansia, ci dà la certezza che ciò che stiamo affrontando non è astratto ma, al contrario, tangibile, fisico e gestibile. Ciò che è certo è che quando questo momento sarà passato e il Covid-19 sarà solo un ricordo, l’immagine di Eckert e Higgins resterà potente perché diventerà il simbolo della prima drammatica esperienza collettiva del mondo globalizzato.