Michael Bloomberg sta pagando degli influencer per fare campagna elettorale Uno dei candidati alla guida del Partito Democratico ha adottato una strategia inedita per arrivare ai giovani

L’influencer marketing si è infiltrato in tutti gli aspetti della pubblicità arrivando infine anche al mondo politico. Anche se da anni i politici utilizzano i canali social e i contenuti sponsorizzati per le proprie campagne elettorali, di recente in America uno dei candidati democratici ha adottato una strategia elettorale: pagare degli influencer per pubblicare dei meme a supporto della sua candidatura.
Michael Bloomberg, 78 anni, tre volte sindaco di New York e nono uomo più ricco del mondo, ha infatti assoldato un esercito social per promuovere la sua immagine fra gli elettori più giovani. Account come @GrapeJuiceBoys, @Tank.Sinatra e @fuckjerry hanno organizzato un “drop” collettivo e sincronizzato nella notte del 12 febbraio con tanto di hashtag per contenuti a pagamento, tag all’account di Bloomberg e un esercito di influencers a riempire la sezione commenti per far gonfiare l’engagement alla massima potenza. Le pagine di meme che hanno ricevuto richieste di paid contents possiedono collettivamente oltre sessanta milioni di followers, senza contare i micro-influencers reclutati attraverso Tribe. Per contrasto, l’NBA All-Star Game viene guardato da sette milioni di persone, gli Oscar da trentasette milioni e l’episodio finale di Game of Thrones da diciannove milioni.

Anche in Italia il leader della Lega, Matteo Salvini, è diventato famoso per aver imbastito massicce campagne social per aumentare il proprio supporto. Va comunque riconosciuto che, nonostante queste strategie abbiano in effetti ottenuto successo, il loro grado di sofisticazione tecnica è molto diverso. Se in America il team elettorale di Trump è stato in grado di canalizzare questi contenuti attraverso i palinsesti mediatici e quello di Bloomberg ha alzato il livello prendendo i social d’assalto attraverso pagine virali da milioni di follower e migliaia di micro-influencer, i politici italiani non sono ancora abituati a troppe sottigliezze e, considerato anche lo status socio-culturale del loro target elettorale, preferiscono attenersi alla pubblicazione di contenuti “grezzi”, crudamente familiari e carichi di semplicistici spunti polemici che li pongano sullo stesso piano di un pubblico non abituato né alle nuove forme dell’umorismo online né tantomeno all’universo culturale dei meme.