
Un viaggio nella mostra "Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo" del MUDEC Alla scoperta di una pratica dalla storia millenaria
«Non si sa esattamente perché il tatuaggio abbia da sempre suscitato tanto fascino sugli esseri umani, né si conoscono le origini e le radici dell'impulso che li attrae verso di esso»: in questo modo la curatrice della mostra e massima esperta italiana di storia del tatuaggio Luisa Gnecchi Ruscone introduce Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo, un percorso che sprona il visitatore a scoprire la realtà del tatuaggio contemporaneo e ne reinterpreta i messaggi culturali. Gnecchi Ruscone ha poi sottolineato che «è certo che il gesto di incidere sulla propria pelle un segno indelebile è indissolubilmente legato all'atto primario di fare arte, con qualunque strumento, e probabilmente questo mistero è ancora oggi parte integrante del suo fascino». All'introduzione di Luisa Gnecchi Ruscone si è aggiunto l'intervento del co-curatore Guido Guerzoni, che ha evidenziato come «per la prima volta sono presentati i sorprendenti materiali italiani, che documentano la persistenza millenaria di una tradizione tricolore che dall’antichità è giunta intatta sino alla metà del Novecento, a dimostrazione del fatto che il tatuaggio non è un’esotica invenzione polinesiana ma una pratica che non è mai scomparsa dal territorio europeo e dal bacino mediterraneo».
Inoltre, la mostra esplora il percorso del tatuaggio nel mondo occidentale, nella forma in cui lo conosciamo oggi. Il tatuaggio moderno nacque quando il capitano James Cook, esploratore, navigatore e cartografo britannico, portò con sé dalla Polinesia il primo uomo dal corpo tatuato, il principe Omai, e lo presentò alla corte d’Inghilterra, affascinando gli spettatori, al punto da meritarsi il ritratto del celebre artista Joshua Reynolds. Ma tutto ciò è solamente un assaggio della mostra, la quale include anche la presentazione di un tattoo studio old-style, dentro al quale trovano spazio ristampe di manifesti appartenenti all'universo circense che, per buona parte della seconda metà dell’Ottocento e sino alla fine della prima guerra mondale, richiamavano le folle ad ammirare da vicino i corpi tatuati, considerati tanto misteriosi quanto scandalosi.