
3 brand che non ce l'hanno fatta Brand che non sono riusciti a creare un heritage così forte tanto da imporsi
Hanno vestito grandi campioni dello sport, ma questo non è stato sufficiente a farli rimanere nella ristretta cerchia dei brand che contano. Nonostante i loro loghi siano stati appuntati sulle maglie indossate da leggende calcistiche, accompagnandoli nelle loro imprese sportive, non sono riuscite a creare un heritage così forte tanto da imporsi nel panorama italiano e poi in quello europeo. Brand che nonostante i grossi proclami, testimonial d'eccezione e grandi maglie dopo pochi anni sono svaniti nel nulla, lasciando solo un tiepido ricordo. Un ciclo inevitabile, che in Italia viene costantemente alimentato dalle costellazioni di club amatoriali, semi professionisti e scuole calcio. Infatti abbiamo visto quasi sempre nuovi brand in Serie A, alcuni prendendo il posto di altri molto lentamente, come Givova che ben presto si è accaparrata tutti i club sponsorizzati da Legea. Impossibile non citare il ruolo da protagonisti assoluti che ad oggi ricoprono Kappa e Macron che negli anni hanno rimpiazzato i vari Lotto, Erreà e Mass.
Nonostante questi brand siano pian piano scomparsi lasciando un vuoto enorme, noi di nss sports non abbiamo mai del tutto dimenticato Sportika, Warrior e Kronos. Sponsor tecnici che hanno vestito grandi club e grandi giocatori per poi smettere di realizzare kit da calcio per club professionistici.
Sportika
Quando nel 2012 il Liverpool scelse di abbandonare adidas dopo soli sei anni molti furono sorpresi, ma nessuno poteva immaginare che i Reds avrebbero firmato con Warrior, un brand sconosciuto nel mondo del calcio. Fino a quel punto infatti il brand nato e specializzato nella produzione di articoli sportivi di hockey su ghiaccio e lacrosse non aveva ancora realizzato un kit per una squadra professionista e il primo suo contratto fu con una delle squadre europee più blasonate. La voglia di immergersi nel mondo del calcio arrivò probabilmente grazie alla spinta di New Balance, che nel 2007 aveva incorporato il gruppo a cui faceva capo Warrior, progettando forse già anni prima la sua attuale ascesa nel mondo del calcio in prima persona. Oggi infatti il brand fondato da William Riley occupa un ruolo di rilievo nel calcio, sponsorizzando formazioni come Porto, Roma e Bilbao, ed è stato il kit supplier dei Reds per cinque anni prendendo il posto proprio di Warrior.
Come dicevamo tutto ebbe inizio nel 2012 nella città dei Beatles con un’offerta monstre di 25 milioni di sterline spalmati su sei anni - un accordo che all'epoca era tra i più remunerativi del settore. Warrior per l’esordio decise di andare sul sicuro rispolverando il Liver Bird con le lettere LFC, stemma utilizzato sulle maglie negli anni ’70 e ’80 e presente ancora oggi. L’altro importante cambiamento che apportarono al kit di casa fu quella di non includere nessun elemento in bianco, la prima volta ed unica volta che accadde nella storia del Liverpool. Ma l’exploit di Warrior si registrò nella stagione successiva, quando oltre a proporre dei kit unici per il Liverpool prendendo ispirazione da quelli creati da Umbro nei primi anni ’80, il marchio fondato da David Morrow stupì tutti diventando fornitore tecnico del Siviglia.
Proprio in quegli anni il club andaluso viveva uno dei suoi momenti sportivi migliori fuori dai confini europei, tantoché nel 2014 regalerà a Warrior il primo importante successo con la vittoria in Europa League. Purtroppo però nel suo primo anno a Siviglia, Warrior non riuscirà a replicare quanto fatto con il Liverpool il brand snaturando la prima maglia aggiungendo alla classica divisa bianca una striscia verticale, utilizzata dagli andalusi solo in rare occasioni. La vittoria europea con il Siviglia consentì però a Warrior di farsi conoscere ulteriormente, allargando sempre di più i suoi confini, fino ad arrivare in Portogallo dal Porto e poi sfiorando il sogno di vestire la Roma, che proprio in quegli anni era indecisa se proseguire con la strada dell’autoproduzione o affidarsi ad uno sponsor tecnico. Ma proprio nell’anno in cui Warrior stava vedendo la popolarità, i profitti e il club sponsorizzati aumentare, il gruppo decise di percorrere un’altra strada, dando il via all’ascesa di New Balance che dalla stagione successiva sostituì Warrior.