
Dimmi come indossi i calzettoni e ti dirò che giocatore sei Dalla tibia scoperta di Sivori fino al ginocchio coperto di Henry, passando per le calze bucate di Nainggolan e le Trusox di Suarez
Ogni calciatore che scende in campo ha un proprio rito che lo accompagna: c’è chi si isola grazie a delle cuffie, chi deve telefonare alla mamma e chi, come Cassano al Real Madrid, deve soddisfare le proprie voglie. Si dice che i brasiliani riescano a scendere in campo solo grazie ad un riscaldamento a base di Samba. Questi gesti sono ormai le uniche libertà di espressione - scarpini eccentrici esclusi - in un calcio che sta diventando sempre più omologato.
Le divise, per quanto possano essere diventate appariscenti - vuoi per i design estrosi, vuoi per delle colorazioni che ormai non hanno più niente a che fare con i colori sociali originali - non lasciano spazio alla creatività del giocatore. In più dalla prossima stagione persino i font di nome e numero saranno standardizzati, come già succede in Premier. Più recentemente qualche capitano - il Papu Gomez più di tutti - aveva provato ad esprimere la propria originalità tramite le fasce da capitano personalizzate, ma la Lega ha standardizzato anche quelle.
Uno degli elementi che ha rappresentato un tratto distintivo di alcuni calciatori sono stati i calzettoni e lo stile con i quali son stati visti sui vari campi da calcio; dal 1996 erano diventati iconici i ''laccetti alla Del Piero'', lacci di scarpa che il numero 10 juventino utilizzava per legare la parte alta delle calze in modo che non gli cadessero sul parastinco, senza pensare che avrebbe lanciato una moda: tutti i bambini cresciuti nella seconda metà degli anni '90 hanno quindi iniziato a privarsi dei lacci delle scarpe pur di averli legati ai calzettoni, proprio come ''Pinturicchio''.
Con l’obbligo di usare i parastinchi non è cambiato nulla. Che sia perché si voglia intimorire l’avversario, o perché si voglia essere meno protetti, i giocatori più tecnici giocheranno sempre con i calzettoni abbassati. Magari per far vedere l’ultimo tatuaggio sul polpaccio - il pallone incoronato di Dybala - ma soprattutto per istigare i difensori picchiatori e per ricordare a tutti che il vero calcio è quello che si gioca nei ''barrios'' e lì le tibie sono scoperte.