Perchè Jordan ha detto che anche i repubblicani comprano sneakers Sam Smith svela cosa c'è dietro una delle frasi che ha fatto la storia

Sam Smith è stato uno dei pionieri del giornalismo americano, uno di quelli che nasce con penna e microfono in mano. Uno "di razza" lo avrebbero definito i suoi colleghi italiani tra gli anni '70 e gli anni '90. È passato alla storia, quella sportiva, per tanti motivi: approccio, rapporto con i giocatori, ma soprattutto interviste e un libro in particolare. Quel libro si intitola "The Jordan Rules", una sorta di raccolta di episodi della stagione 1990-91 di Jordan e dei suoi Chicago Bulls in cui vengono "svelati" lati privati della franchigia dell'Illinois e lati oscuri del leader tecnico, carismatico ed emotivo della squadra. 

Le controversie che suscitò sono ancora oggi oggetto di dibattito, ma una cosa è certa: da quel momento il rapporto unico che Smith instaurava con i giocatori cambiò. O almeno, cambiò specialmente il rapporto con un giocatore e non occorre fare "nomi e cognomi". La memoria storica di Sam Smith però è troppo preziosa: troppi gli aneddoti che potrebbe ancora raccontare e troppi i momenti che ha vissuto accanto alle star dei Bulls, essendo la penna di riferimento del giornale "The Chicago Tribune" per gran parte della dinastia Jordan. 

Senza voler fare spoiler su "The Last Dance" - in arrivo su Netflix da lunedì 20 - Sam Smith e il suo bagaglio di esperienze sui Bulls sono all'interno del documentario prodotto da ESPN. Nelle ultime ore Sam ha scritto, e per quanto possa sembrare assurdo lo ha fatto sul sito dei Chicago Bulls. "Never expected that" e come dargli torto.  

Smith ha raccontato come nasce la sua collaborazione con i produttori e si è soffermato su una delle storie più affascinanti - e controverse - che avvolgono il mito di MJ. La frase "anche i repubblicani comprano sneaker" Sam la annovera tra le frasi più famose della storia americana, paragonandole scherzosamente a frasi pronunciate da personaggi come Abraham Lincoln, Patrick Herry ("Dammi la libertà o la morte", Teddy Roosevelt o Martin Luther King. La storia - o almeno la versione di Smith - dietro quella frase è venuta alla luce, ma parte da lontano per capire cosa c'è dietro quella singola frase, troppe volte non compresa fino in fondo. 

"Ho avuto un buon rapporto con Jordan scrivendo dei Bulls per The Chicago Tribune negli anni '80. Era molto divertente essere sempre in giro per seguirli. The Jordan Rules sospetto sia stato raccontato nel documentario. Una volta pubblicate, però, la nostra relazione è cambiata. Io rimasi al mio posto e Jordan rimase professionale e rispettoso perché era quello che era. Non ci furono più tante battute, come quella sulle scarpe"

"Jordan ha sempre mostrato un carattere estremamente competitivo e non perdeva occasione per farlo vedere. Voleva sempre avere l'ultima parola. Sempre. Non amava tirare prima delle partite, detestava gli spettacoli come quelli che oggi si vedono con Steph Curry mentre palleggia nel riscaldamento. Preferiva impegnarsi verbalmente, sfidare chi aveva davanti. Sembrava la competizione di cui aveva bisogno per prepararsi alla partita. […] Come quella volta stavo facendo il tifo per Jesse Helms e quella corsa al senato della Carolina del Nord. Jordan sapeva quanto l'NBA avesse chiesto ai giocatori di stare alla larga da questo genere di cose. Ma lo spirito competitivo era più forte di lui e quando ci trovammo a parlare di quella cosa voleva ancora una volta l'ultima parola. E la sua ultima parola fu quella: 'Republicans buy shoes too', Anche i Repubblicani comprano le scarpe".