Una stagione di caos e di estasi a Milano Disegnare una collezione è più facile che trovare un taxi in città, di questi tempi

Debutti, ritardi, elezioni: questi sono stati i tre temi portanti della Milan Fashion Week appena conclusasi. I debutti sono stati quelli di Maximilian Davies da Ferragamo, quello di Marco De Vincenzo da Etro, quello di Rhuigi Villaseñor da Bally e quello di Filippo Grazioli da Missoni. I ritardi invece sono stati un po’ di tutti – con editor o chi per loro in corsa attraverso la città in un preoccupante numero di automobili, con sfilate che iniziavano in media con un’ora di ritardo, costanti problemi di telefoni scarichi e traffico del tutto intasato dopo ogni show. E infine le elezioni sono state lo sfondo sul quale tutte le varie e alterne vicende dei brand milanesi si sono svolte – sfondo che per certi versi sminuiva con la sua importanza la frivolezza di abiti, eco-pellicce, borse e tacchi-senza-tacchi che hanno dominato le collezioni di womanswear di questa stagione. Se c’è un filo comune che può essere ritrovato nelle molte e diverse collezioni presentate durante la settimana è stata la relativa pulizia delle silhouette, l’assenza di loghi urlati e la generale ricerca di una koinè commerciale nuova basata su un’essenzialità di fondo mescolata a una certa dose di sensualità che molta stampa di livello internazionale ha trovato blanda e poco radicale. Il migliore nel riassumere queste istanze è stato Blazy da Bottega Veneta che parlando nelle sue show notes di «perversa banalità», di «erotismo dell’ultra-sofisticazione attraverso la sartoria», di «look borghese retaggio del passato» e di «souvenir di un gira-mondo» ha creato una somma delle principali direttrici tematiche ed estetiche della stagione.

Gucci
Bottega Veneta
Etro
Dolce & Gabbana
Jil Sander
MaxMara
Missoni
MSGM
Prada
Trussardi
Versace
Ferragamo
Andreadamo
Bally
Diesel
Moschino
Moncler
No. 21
AC9
Ferrari
Sunnei
Tokyo James
United Colors of Benetton
Blumarine
Cormio

E se brand indie come Cormio e Sunnei hanno evitato i grandi statement proponendo un normcore rivisitato, vagamente eccentrico, come ha fatto anche Andrea Incontri per il suo show inaugurale da Benetton e in chiave pop Massimo Giorgetti da MSGM, il Ferrari di Rocco Iannone ha proseguito la propria evoluzione stilistica muovendosi verso una silhouette contemporanea e indossabile, rielaborando soprattutto un elemento iconico presente nell’immaginario del brand e cioè l’iconica tuta da racing che viene proposta sia in una forma vicina al vero, con i colori del brand e i relativi loghi, che in una versione più sofisticata, in pelle. Significativa, invece, è la sfilata di Tokyo James, forse unico designer di questa stagione a fondere in maniera convincente istanze sociali, personali e commerciali in uno show che non è parso creativamente dipendente da nessun’altra ispirazione ma è stato anzi coeso, concentrato e preciso come un laser ma soprattutto che ha rappresentato l’unico outing di un designer indipendente dalla voce forte e decisa  e dalla vision non ostacolata da esigenze commerciali e acrobazie retoriche di sorta. Un designer che, speriamo, continuerà a utilizzare Milano come sua piattaforma e tenere viva la sua scena indipendente.