La mascolinità soft dei flower boys Dai principi buddisti alla chirurgia estetica

“Flower Boy”: non solo il titolo di un album di Tyler, The Creator, ma un neologismo di origine sudcoreana che racchiude in sé una wave ideologica ed estetica che oggi, dopo più di vent’anni, sta approdando anche tra i trend occidentali. Un flower boy (“kkonminam”) è un appellativo utilizzato per descrivere un ragazzo “bello come un fiore”, giovane, snello, attraente e attento al proprio look, dall’abbigliamento fino alla cura della pelle, dall’hairstyle al make-up. Fin dalla metà degli anni 2000 si ricorre a questo termine per indicare tutti quei membri di band K-Pop, attori e giovani idols, che preferiscono una presenza fisica aggraziata ai canoni della bellezza occidentale maschile, con mascelle importanti e muscoli ben definiti. I flower boys sfoggiano un’estetica innocente ed androgina che si ispira a quella dei bishōnen (“giovani bellissimi”) dei manga e anime giapponesi per ragazze (“shōjo”), ma senza manifestare tutti quegli ideali sessuali e androerotici della pop culture nipponica, con radici che si estendono fino all’epoca della Città Proibita cinese. 

Diametralmente opposta è la situazione in Cina, dove il governo ha recentemente bannato l’apparizione televisiva agli “uomini effeminati" (“niang pao”, “pistole femminili”), con una manovra restrittiva che, oltre ad aumentare il controllo sull’educazione e la cultura, costringe gli emittenti ad escludere dalle trasmissioni tutti coloro che rappresentano correnti estetiche considerate anormali ed immorali, lontane dalla tradizione del partito comunista cinese. Il leader Xi Jinping ha messo in atto una vera e propria caccia derisoria ai “sissy pants”, un termine dispregiativo che indica coloro che si distaccano dal concetto di virilità tradizionale, per preferire un look più neutro. Un’aspra virata che avrà conseguenze nella moda ma soprattutto nella lotta per la libertà individuale, in netta contrapposizione ai nuovi valori di fluidità ed identità di genere. Ciò che ad oggi in Cina è proibito, in Italia può essere definito “queer”, ma in Corea del Sud rappresenta da decenni una realtà consistente. Più che un trend, un pensiero comune che pone l’estetica maschile sullo stesso piano di quella femminile: quella dei flower boys è un’autentica ideologia genderless, di cui sia uomini sia donne si fanno promotori attraverso un eterno elogio alla bellezza.