
Supreme ci ha ricordato perché amavamo così tanto Burberry Prorsum La nuova collaborazione dei due brand è un flashback all’era di Christopher Bailey
Prima che Riccardo Tisci rivoluzionasse il brand, dal 2001 al 2018, Burberry era il regno incontrastato di Christopher Bailey. Era l’epoca di Burberry Prorsum, una delle tre sub-label prima introdotte e poi eliminate da Bailey stesso, il cui nome però ha rappresentato un’era molto precisa per il brand e per il suo posto nel mondo della moda. È proprio quest’epoca che è stata rievocata con la recente collaborazione tra Burberry e Supreme – un tempo in cui l’immagine del brand era in crisi e il marchio stesso «era il bersaglio delle battute dei tabloid dopo che il suo check era diventato comune nelle curve degli stadi e indosso a celebrità da soap opera non esattamente celebrate per la loro eleganza», come scriveva cinque anni fa Jess Cartner-Morley sul The Guardian. L’epoca di Bailey era stata un momento storico dalla doppia faccia: da un lato c’era il restyling avviato dal designer e basato su, per citare Vogue, «nostalgia culturale inglese e da una cognizione di classe»; dall’altro c’era l’ormai consolidata presenza del brand nel repertorio della cultura dei chav e degli hooligans. La doppia vita proseguiva sul mercato “reale” con, da un lato, i classici abiti più formali di Burberry Prorsum o quelli più casual delle linee London e Brit e, nel mondo del vintage e dei knock-off, in item più sportivi interamente ricoperti dal celebre motivo a quadri beige.
E in effetti un valido predecessore del lookbook di Supreme visto oggi è la collaborazione del brand con Gosha Rubchinskiy nella collezione SS18 che reinterpretò l’immaginario chav in maniera assai più estrema di quella di Supreme. Proprio questa implicita accettazione evidenzia però come le subculture rimangano a oggi il più durevole tramite per traghettare la recognition di un brand da una generazione all’altra. Proprio in occasione dell’after party di quello show, Bailey disse a i-D:
«Il nostro brand va oltre le differenze sociali, oltre i privilegiati, oltre la classe operaia, oltre culture, subculture, musica, arte, calcio e sport; e io amo profondamente questa diversità»