
I cappelli di Raf Simons ispirati all’arte fiamminga Quando i dipinti di Bruegel incontrano il latex
L’ultimo show FW22 di Raf Simons, andato in scena ieri tramite una presentazione digitale, ha segnato un cambio di marcia per il brand del designer belga che, dopo il cupo e minimalista show primaverile dello scorso settembre a Parigi, è tornato con una nuova esuberanza creativa che si è espressa, sulla passerella di ieri, tramite un uso eclettico dei materiali, di silhouette goticheggianti ma, soprattutto, tramite una nuova ispirazione che non è venuta, questa volta, dalle subculture giovanili ma da un dipinto di Pieter Brugel, i Proverbi Fiamminghi.
Molti altri look sono stati minimalisti – composti da singole decostruzioni del classico trench o cappotto maschile replicate in pelle, vinile e lucidi materiali sintetici. Una serie di abiti femminili a metà tra il prairie dress, il fantasma della Londra vittoriana e gli abiti spage age di Pierre Cardin – i più corti dei quali diventano anche proposta di abito genderless come, negli ultimi due anni, lo erano state le camicie oversize. Altri e vari look sembrano proseguire il moodboard gotico, con cappucci neri, lunghe cappe, quei cappelli che non si capisce se si riferiscano alle feluche e agli elmi dei cavalieri o ai caschi di Ultimatum alla Terra o dei robot della fantascienza d’exploitation. Le parti della collezione più convenzionali, a cui Simons ci aveva già abituato nelle ultime collezioni, come ad esempio i completi stampati, sono decorati da una cuffia che pare uscita dal Medio Evo mentre una serie di memento mori, scheletri-gioiello che si baciano o penzolano ricoperti di gemme, decorano indifferentemente baveri di giacche e lobi delle orecchie.