Perchè il metodo di Alessandro Michele è un esempio per la moda Il modus operandi del designer dimostra come creare un ambiente creativo più sano per la moda

Dopo gli insistenti rumor della scorsa settimana sulla possibilità di una collaborazione fra Gucci e Balenciaga, il brand ha presentato ieri la propria collezione intitolata Aria con un fashion film co-diretto da Alessandro Michele e Floria Sigismondi. La collezione celebrava il centenario del brand ed era essenzialmente un collage di tutti i vari elementi che fanno parte del DNA di Gucci, dai richiami all’Hotel Savoy di Londra, dove Guccio Gucci lavorò negli anni ’20, fino ad alcuni design dell’era di Tom Ford. Si è trattato di un Gucci nella sua forma più definitiva finora, un amalgama di idee pre-esistenti e concetti evolutisi nel tempo che sono stati essenzialmente reinterpretati e curati da Alessandro Michele.

La maniera in cui Michele lavora e riesce ad adattarsi a mille realtà diverse, dalla partnership sperimentale con The North Face fino a Balenciaga, senza perdere di vista l’integrità di Gucci è proprio il motivo per cui la sua estetica continuerà ad avere successo per anni. Purtroppo non sono in molti, fra i protagonisti della fashion industry, ad aver adottato questi ritmi di lavoro: sono ancora moltissimi i direttori creativi di top brand che continuano a creare dalle quattro alle sei collezioni l’anno. Ma, ad ogni modo, il fatto stesso che l’intera industria avesse messo in discussione i propri ritmi solo l’anno scorso, prova al di là di ogni dubbio che il sistema è antiquato sull'argomento della sostenibilità – tanto sul piano dei prodotti creati (e non sempre venduti) che su quello della pressione messa ai creativi che lavorano al suo interno.