Perché gli archivi sono la più grande ricchezza dei brand Il nuovo main asset nella moda dei grandi conglomerati

Prima è toccato a Tiffany & Co., acquistato con fatica da LVMH, e Supreme, entrato in VF Corp dopo decenni di indipendenza. Poi c’è stato Stone Island, acquisito da Moncler con una mossa a sorpresa. Infine hanno cominciato a circolare le voci sul gruppo OTB e Jil Sander che fanno presagire una prossima acquisizione del brand da parte di Renzo Rosso. Verso la fine del 2020, sempre più brand storici ancora indipendenti preferiscono accorparsi a un qualche conglomerato, seguendo l’adagio che dice: «Nessuno vince da solo».

Nell’acquisizione di un brand, sono molti i fattori che concorrono a stabilirne il valore. Tra questi ci sono il posizionamento sul mercato e la performance commerciale ma c’è un terzo fattore che non solo è tanto rilevante quanto i primi due, ma che nel corso del 2021, se la politica di acquisizioni proseguirà, si rivelerà essere sempre più prezioso. Si tratta dell’archivio di un brand – quella massa di trademark, modelli, campioni, ricerche, bozzetti, stampe e design che costituisce il patrimonio genetico di ogni maison di moda. 

Massimo Osti (1988)
Stone Island SS82
Maxim (1987)
Massimo Osti's Archive
Massimo Osti's Archive
Massimo Osti's Archive
Massimo Osti's Archive
Massimo Osti's Archive
Massimo Osti's Archive
Jil Sander SS96
Jil Sander SS95
Jil Sander FW95
Jean Patou "Joy" Perfume
Jennifer Lawrence in Dior "Joy" Campaign (2019)
Jean Patou "Joy" Perfume
Jennifer Lawrence in Dior "Joy" Campaign (2019)
Ralph Lauren Polo Sport (1997)
Oblique Pattern in Dior SS96
La borsa Gucci di Jackie Kennedy
Raf Simons Archive Redux Collection

Ma perché il valore dell’archivio dovrebbe andare aumentando, considerata già la sua centralità? Due motivi: il primo è la nascita di un movimento digitale di nome archival fashion, ossia un nuovo ecosistema di pagine social, showroom, archivi Instagram e personalità dell’ambiente che hanno riportato in auge, nell’internet talk, l’apprezzamento e la conoscenza minuziosa degli archivi dei più importanti brand di moda; dall’altro il nuovo amore del vintage che sembra essersi sviluppato nel pubblico negli ultimi anni, che parla sia alle issues della democraticità della moda che a quelle della sostenibilità, ma che soprattutto indica ai brand quali sono state in passate, e quali saranno di certo in futuro, le carte vincenti da giocarsi col pubblico.