C'è un problema con gli influencer che rivendono i gift Dopo l'ultima polemica, nss magazine ne ha parlato con Andrea Batilla

Lo scorso weekend Instagram ha visto nascere una polemica molto accesa che ruotava attorno al profilo Depop di un’influencer con un grande seguito, un piccolo fatto che racconta un universo più grande. La proverbiale shitstorm si è scatenata contro Giulia Torelli aka @rockandfiocc, seguitissima blogger e influencer based a Milano che ha fatto del dialogo diretto e onesto con i propri follower uno dei motivi del suo successo. Con oltre 140mila follower, Torelli da una parte ha sempre dedicato grande attenzione alle IG Stories in cui mostra i gift che i brand le inviano, così come i prodotti che si compra da sola; dall’altra, complice anche il suo lavoro (si occupa di decluttering e di organizzazioni di armadi) invita a disfarsi di ciò che non è essenziale o che non si indossa da tempo, spesso consigliando di rivendere tali prodotti su piattaforme come Depop. Ed è esattamente quello che ha fatto Torelli, mettendo però in vendita anche diversi item regalatele da alcuni brand. Come ci ha tenuto a sottolineare la diretta interessata, i prodotti in vendita consistevano in semplici gift che i brand, spesso piccoli e in cerca di notorietà, le avevano mandato sperando in una IG Story. E così è stato, ma per pura cortesia e gentilezza di Torelli, senza accordi commerciali o contratti. 

Al di là del singolo caso, e delle implicazioni etiche nel gesto di Torelli, prassi praticata da moltissimi altri influencer, intendiamoci, proprio qui sta il nodo della questione, che si dipana su due livelli. Intanto la trasparenza: in quanto follower, ho il diritto di sapere se ciò che mi propone un influencer è frutto di un contratto o se è un prodotto in cui questa figura pubblica crede davvero? E come questo può influenzare le mie abitudini di shopping? D’altra parte, però, la vicenda ha svelato l’ormai assoluta dipendenza da parte dei piccoli e medi brand verso gli influencer, visti come l’unica strategia di marketing possibile e immaginabile, riversando tutta la responsabilità del loro successo su figure esterne. 

Per capire meglio come siamo arrivati a questa zona grigia all’interno dell’influencer marketing, nss magazine ha fatto qualche domanda ad Andrea Batilla, grandissimo esperto di moda, ex direttore di IED Moda Milano, fondatore e co-direttore di uno dei primi magazine indipendenti italiani, PIZZA, che da circa 10 anni si occupa di direzione creativa, brand storytelling e comunicazione del prodotto. Batilla è anche autore, il suo ultimo lavoro s’intitola Instant moda. La moda dagli esordi a oggi, come non ve l'ha mai raccontata nessuno, oltre ad essere seguitissimo su Instagram, dove le sue dirette sono diventate irrinunciabili. 

La moda può sopravvivere senza gli influencer? 

No. Gli influencer parlano direttamente al cliente finale cosa che la moda non può fare perché lavora sull’aspirazionale. Non esistendo praticamente più la stampa cartacea questo tipo di contenuti non possono che passare attraverso i social media e i loro protagonisti.