
Non tutti i brand vogliono cambiare il fashion system Chanel ha appena annunciato che non intende rinunciare ai suoi sei show annuali
La crisi della fashion industry innescata dalla pandemia di coronavirus è stata per numerosi brand e designer un’occasione per ripensare le consuetudini più radicate del settore. Una delle conseguenze è stata la decadenza delle pre-collezioni – sfilate “secondarie” di solito ambientate in luoghi esotici additate da molti come la principale causa della sovrapproduzione nella moda. Tra le varie proposte di cambiamento, critici, buyer e brand sembrano d'accordo su una cosa: il sistema delle fashion week annuali viaggia su ritmi esagerati e insostenibili e, dunque, va riformato. Due dei principali brand di Kering, Gucci e Saint Laurent, hanno già iniziato a implementare una modifica nel proprio programma ma il loro punto di vista non è universalmente condiviso. Fra i brand che resistono al cambiamento Chanel è stato il primo, ieri, a dichiarare il proprio attaccamento alla tradizione. Il presidente del brand, Bruno Pavlovsky, ha detto a The Business of Fashion che Chanel manterrà tutti e sei gli show annuali: due prêt-à-porter, due haute couture e la pre-collezione Cruise o Croisère e il Métiers d’Art dedicato all’atelier artigianale. Queste le parole di Pavlosky nel descrivere la decisione:
«Non so se il numero giusto sia due o sei. Dipende dal brand. Noi abbiamo fatto molti progressi nel calcolo della nostra impronta ambientale, facciamo sempre progressi nel nostro approccio. E crediamo sia importante fare questi show. Abbiamo bisogno della libertà creativa per ciascuno di quei momenti. [...] Con questo ritmo, siamo in grado di portare nuovi prodotti alle boutique ogni due mesi, e ci sentiamo a nostro agio con questo sistema».
Questa linea di resistenza interna al sistema moda ha di recente trovato altre voci, con la mancata partecipazione di Burberry, Martine Rose, A-COLD-WALL* e Craig Green all’edizione digitale della London Fashion Week. Dal punto di vista dei brand, è una questione che riguarda di certo il proprio prestigio: più un brand è grande e istituzionalizzato meno esso dovrà piegarsi a volontà esterne. Essendo il proprio status radicato nella tradizione, dunque, i brand stessi non vedono perché cambiarla. La radicale modifica del calendario della moda aiuta in realtà soprattutto i brand più piccoli, laddove titani commerciali come Chanel, Louis Vuitton o Dior non hanno motivo di modificare la propria natura, specialmente se aderire al cambiamento significa porsi sullo stesso piano di marchi molto più giovani e dalla storia meno lunga e venerabile.