
Virgil Abloh: "Perché ho detto che lo streetwear è morto" Dopo i saccheggi nei negozi di Los Angeles, il direttore creativo di Louis Vuitton ha detto la sua sullo stato dello streetwear
Oggi gli Stati Uniti stanno affrontando il sesto giorno di proteste violente che, a partire dall’omicidio di George Floyd a Minneapolis lo scorso 25 maggio, sono esplose nelle principali città del paese, degenerando nel saccheggio di numerosi negozi e boutique fra cui anche i celebri Round Two di Sean Wotherspoon e RSVP Gallery di Don C, entrambi a Los Angeles. Gli episodi di saccheggio sono stati ripresi da Virgil Abloh che ieri li ha utilizzati come spunto per proseguire il suo discorso sulla morte dello streetwear come espressione di una comunità e contrapponendolo streetwear e lo "streetwear":
«Ecco perché ho detto che lo streetwear è morto.
Lo streetwear è una comunità, un gruppo di amici che condividono un legame. Passiamo tempo insieme agli angoli delle strade, litighiamo fra noi e ci difendiamo l’un l’altro.
Ma lo “streetwear” è un’altra cosa. Lo “streetwear” è urlare ai commessi nei negozi, iniziare risse durante le line-up e diffamarci perché non abbiamo fatto abbastanza paia di scarpe e non tutti possono averle. […]
Lo streetwear è una cultura, lo “streetwear” è solo una merce».
Rimane una certa dissonanza, comunque, fra i valori esibiti da Abloh e il suo lavoro, che ha sì elevato il concetto stesso di streetwear, ma ha anche alimentato il consumismo tossico della hype culture creando item di streetwear del valore di migliaia di dollari: è stato Abloh in prima persona a trasformare lo streetwear da community a commodity. In mezzo al caos, anche ideologico, che caratterizza queste proteste e le reazioni ad esse, il più importante commento rimane quello di Kareem Abdul-Jabbar che nel suo op-ed sul Los Angeles Times ha detto:
«Quello che dovreste vedere quando vedete manifestanti neri nell'era di Trump e coronavirus sono persone spinte al limite, non perché vogliono bar e saloni di bellezza aperti, ma perché vogliono vivere. Vogliono respirare.»