
Gli effetti del coronavirus sull’industria della moda Se la Cina è in ginocchio, la moda è in ginocchio
Mentre le vittime del coronavirus salgono a 300 e le misure di quarantena diventano più severe in tutto il mondo, la Cina e la sua economia rimangono paralizzate. L’area e la popolazione al momento sottoposti al lockdown dalle autorità sono grandi quanto tutta l’Italia, l'emergenza sanitaria si sta dilatando per tutto il Sud-Est Asiatico e le conseguenze economiche iniziano a diventare pesanti specialmente per il mondo della moda. La capacità produttiva della Cina e il forte potere d’acquisto del suo pubblico sono stati fondamentali per i brand di moda in questi anni e l’emergenza sanitaria scoppiata con l’epidemia ha fatto inceppare quel vasto e complesso meccanismo sul cui funzionamento l’industria luxury si affida ormai sempre di più. In particolare la posticipazione a data da destinarsi della Shangai Fashion Week è il più allarmante dei segnali e, se la crisi dovesse estendersi anche al secondo trimestre del 2020, la tabella di marcia della produzione industriale di quest'anno potrebbe soffrire seri ritardi.
In mezzo a questa crisi, Kering e LVMH hanno deciso di donare rispettivamente uno e due milioni di dollari alla Croce Rossa, insieme a loro anche L’Oreal, Swarowski ed Estèe Lauder. Una mossa lodevole sul piano umanitario anche se indubbiamente mossa da interessi tanto pubblicitari che commerciali. Ad ogni modo, pur essendo probabile che il coronavirus farà scendere il tasso di crescita dell’economia cinese dal 6,1% al 5,6%, gli insider cinesi sono ottimisti. Dopo i problemi economici causati dalla SARS diciassette anni fa infatti, si registrò un forte aumento dei consumi e in generale epidemie di questo tipo hanno una breve durata, le cui conseguenze possono essere attutite dalla grande capacità di ripresa dell’economia asiatica sia a livello monetario che sul piano delle policy fiscali.