
Halston: il golden boy della moda americana Un documentario e una serie tv ripercorrono la storia dello stilista
Roy Halston è stato uno dei più grandi stilisti della storia americana. Talentuoso, eccessivo, sfortunato, amato, bellissimo, sfrontato, edonista. Gli aggettivi per definire Mr Clean, come qualcuno lo chiamava in onore alle sue creazioni dalle linee minimali ed eleganti, sono molti e spesso contradditori fra loro. La sua moda ha segnato profondamente la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, influenzando le successive generazioni di designer, primo fra tutti Tom Ford.
Ora, a oltre trent’anni dalla sua prematura morte avvenuta a soli 57 anni nel 1990 per complicazioni da HIV, due progetti cinematografici riportano Halston sotto i riflettori. Il primo progetto, ancora work in progress, è Simply Halston, una mini serie tv prodotta da Legendary Television, che ha come protagonista Ewan McGregor nei panni del talentuoso creativo. Il secondo è un documentario presentato in anteprima al Sundence Festival, diretto da Frédéric Tcheng, regista già al lavoro su Diana Vreeland The Eye Has to Travel del 2011, Valentino: The Last Emperor e Dior and I. Il lungometraggio si basa sulla biografia scritta dalla nipote di Halston, Lesley Frowick e fonde foto, filmati d’archivio e testimonianze di personaggi vicini al designer. All’ex blogger-prodigio Tavi Gevinson è stata assegnata la parte del narratrice.
Il 2019 sembra proprio l’anno di Halston. nss approfitta di questa occasione per raccontarvi tutto quello che c’è da sapere su questo stilista geniale.
Ha raggiunto la fama mondiale grazie a Jacqueline Kennedy.
Dopo un brillante inizio come modista, nel 1966 Halston passò a disegnare abiti, inaugurando la sua prima boutique in Madison Avenue nel 1968. L’anno seguente lanciò la sua prima linea di prêt-à-porter, Halston Limited.
Come egli stesso dichiarò in un’intervista rilasciata a Vogue, ciò che più gli stava a cuore, nella creazione dei capi, era la funzionalità e per questo odiava orpelli come fiocchi o cuciture inutili. I suoi abiti sono minimalisti e sofisticati, hanno linee pulite ed essenziali che lo stilista declina in modo unico nello stile glam tipico degli anni Settanta. Halston, maestro del taglio e delle finiture, divenne presto famoso per le sue creazioni in tessuti morbidi come le fluttuanti tuniche e jumpsuit di jersey o rayon opaco, i caftani in chiffon tye-die o stampati a cerchi e rettangoli ispirati a Wassily Kandinsky, le importanti mantelle realizzate con metri e metri di tessuto. Tra i suoi lavori più iconici ci sono l’halter dress e lo chemisier in ultrasuede o modello 704, un abito aveva la particolarità di essere confezionato in camoscio lavabile in lavatrice (tessuto brevettato da Halton nel 1972).
Halstonettes
Halston amava gli eccessi. Spendeva cifre a 6 zero in orchidee (il suo fiore preferito) per decorare lo studio. Non viaggiava mai senza un entourage di modelle e amici che vestiva coordinati fra loro in stile Halston. Organizzava famose e decadenti cene nella sua casa al West Village, notti irripetibili e strane con "sei pollici di glitter per terra" e cameriere nude con i peli pubici a forma di cuore tinti di rosa. Era uno dei frequentatori abituali dello Studio 54, dove passava le serate a ballare, chiacchierare con amici come Andy Warhol e Bianca Jagger, flirtando con uomini come Victor Hugo. Sono leggendarie le sue folli serate a base di uomini e droghe di ogni sorta.
È suo l’abito indossato nello scatto più iconico degli anni ’70.
New York. 2 maggio 1977.Mezzanotte. Bianca Jagger festeggia il suo trentesimo compleanno e per celebrarlo fa il suo ingresso trionfale allo Studio 54 a cavallo di un destriero bianco, scortata da un barista coperto solo da vernice e paillettes dorate. La moglie di Mick Jagger, una delle donne più eleganti della storia, indossa un abito rosso rubino firmato Halston. L’immagine catturata dall’obiettivo di Rose Hartman appare sui giornali di tutto il mondo e, ancora oggi, è lo scatto che meglio di ogni altro rappresenta un’epoca e un luogo mitico, lo Studio 54, epicentro dell’edonismo glamour anni ’70. Solo nel 2015 Bianca Jagger rivelò il retroscena della foto in una lettera inviata al Financial Times: sapendo della sua passione per i cavalli e che ne possedeva proprio uno bianco, il proprietario del club, Steve Rubell, fece trovare all'interno della discoteca l'animale. Quindi la it-girl non arrivò a cavallo, ma lo trovò come sorpresa alla festa.
L’influenza della sua moda arriva fino ai nostri giorni.
Sul red carpet dell’ultimo festival di Cannes la modella Elsa Hosk ha un lungo abito dalle sfumature pastello firmato Etro, caratterizzato da una profonda scollatura a V e da una sottile cintura oro in vita. La creazione, come ha svelato su Instagram il brand italiano, è un omaggio al famoso abito di Halston indossato da Lauren Hutton agli Oscars del 1975. I due modelli sono quasi identici, ma Etro non è certo l’unico brand ad aver raccolto l’heritage di Roy Frowick Halston. Basta pensare a Jil Sander o alle collezioni fatte di monocromatiche di tailleur e abiti in jersey di Calvin Klein a metà degli anni '90. Le maggiori influenze si riscontrano, però, nell’opera di Tom Ford, specialmente nel periodo in cui era creative director di Gucci (date uno sguardo alle proposte della FW95 e della SS11), come ha ammesso lui stesso diverse volte:
“Puoi tracciare una linea diretta da me ad Halston, ma puoi ricondurre Halston a Madeleine Vionnet. Apri un libro Vionnet e vedrai un sacco di cose che Halston ha preso”.