Che rapporto c'è tra architettura e trap? Come i video musicali hanno restituito fascino e fama a luoghi spesso dimenticati

Non sembra essere un connubio immediato e scontato quello tra architettura - intesa come rappresentazione di luoghi simbolici, ma anche dimenticati - e musica rap o trap. I classici video musicali appartenenti al genere erano fino a poco tempo fa associati ad un unico tipo di immaginario, che fa perno sul concetto di show off, e che mette quindi al centro la figura dell'artista, il suo stile, e i suoi successi. 

È tuttavia innegabile che negli ultimi anni ci sia stata un'evoluzione molto importante dal punto di vista estetico, grazie ad una nuova generazione di artisti che si sono allontanati da quegli stereotipi, per raccontare in maniera più autentica e veritiera i propri luoghi di appartenenza. I video clip sono diventati lo strumento comunicativo prediletto in cui viene riservata un'attenzione maniacale per il background, che di back ormai non ha più nulla. Questo shift nella percezione del luogo, inteso in senso assoluto, è avvenuto tanto a livello europeo (pensiamo solo al video di Shutdown di Skepta, meno di tre minuti che da soli raccontano la periferia londinese e i volti che la popolano) quanto italiano, pensiamo solo al sodalizio tra Francesco Lettieri e LIBERATO, e con con artisti come Mecna, Rkomi, Gue Pequeno, Tedua, e molti altri. 

È partito proprio da questo punto l'ultimo progetto di Bianca Felicori, architetto e autrice, che fa della ricerca uno dei punti cardini del suo lavoro, come testimoniato dalla pagina IG @forgotten_architecture. Il frutto della sua ricerca è stato al centro di una serie di talk, intitolati TRAP ARCHITECTURE e tenuti presso Triennale Milano insieme al collettivo (ab)Normal, autori peraltro del padiglione DICHO, ad oggi nell’impluvium del Palazzo dell’Arte di Milano, in collaborazione con la Biennale di Tbilisi. 

nss magazine ha raggiunto Bianca Felicori per farsi raccontare meglio qual è l'inedito filo che lega architettura e immaginario trap. 

#1 Come è nata l’idea di questo progetto? Da cosa parte la tua ricerca? 

Il rap prima e la trap oggi, sono generi (e sottogeneri) musicali nati come subculture e oggi parte di un linguaggio universale. Chiunque ascolta la trap, la dodicenne su TikTok quanto il trentenne freelance che lavora a partita iva come art director per qualche agenzia. La trap ci unisce, e noi alimentiamo questo sistema, economico e sociale. Tutti gli artisti trap oggi hanno milioni di views, dischi d’oro, di platino, concerti sold-out, indoor con code infinite. Io ascolto rap da quando ero adolescente ed al tempo era una cosa abbastanza atipica, nonostante sia nata e cresciuta a Bologna, città comunemente riconosciuta come simbolo di questa cultura. Negli anni ho poi imparato ad unire la mia formazione di architetto con le passioni collaterali. Ho iniziato ad indagare sulle architetture, per lo più popolari, che fanno da sfondo ai video musicali degli artisti — emergenti e non — italiani. Artisti che hanno costruito un impero sulla loro carriera senza dimenticare da dove provengono, anzi, salgono sul palco, entrano nello schermo del tuo cellulare e ti fanno vedere dove sono arrivati, quanto oro portano al collo dopo aver sofferto la condizione di isolamento della periferia e della provincia. 

#4 Si può parlare di una sorta di rivalutazione delle periferie, almeno da un punto di vista architettonico? 

Sì, ma per rivalutare le periferie ci vuole ben altro. Negli ultimi anni si è diffusa questa passione per il brutalismo (termine abusato) e quindi tutto ciò che è cemento a vista viene considerato interessante anche e soprattutto da chi non è del settore. Questo amore per il “concrete” ha portato anche alla rivalutazione, da parte di un pubblico più vasto, dei contesti popolari italiani e internazionali. Quindi per quanto l’utente medio che guarda un video possa sentirsi attratto dal contesto periferico di Genova, di Napoli o di Milano sono abbastanza certa che non proverebbe le stesse sensazioni trovandosi in loco, anche e sopratutto perché molto spesso questi edifici non hanno avuto la manutenzione necessaria per tenerli in vita e quindi versano in uno stato di degrado. Ovviamente dipende dai casi. 

#5 Ad oggi il videoclip è diventato quasi una forma d’arte a sé stante, una narrazione autosufficiente che spesso trascende la canzone che dovrebbe veicolare. Ritieni che si tratti di un trend passeggero o che anche nelle generazioni future continuerà questa ricerca visuale? 

No, questo trend non sarà mai passeggero, questo è il futuro. Ho iniziato questa ricerca intrigata dalla connessione tra gli artisti e i loro quartieri di provenienza, ma in realtà a mano a mano che andavo avanti mi sono resa conto che il mio interesse era incentrato praticamente soltanto sul lavoro dei registi. Non è un trend, è la naturale evoluzione di una professione ed è un percorso in ascesa. Io sogno un giorno di vedere gli artisti lavorare sempre più con architetti, artisti, sociologi, antropologi. Una conquista per tutti.